Scegliere un lavoro da freelance è sicuramente un modo rapido per iniziare a guadagnare un gruzzolo, anche comodamente da casa. In particolare, se si opta per un settore per il quale si è già in possesso di competenze e conoscenze, è possibile cominciare immediatamente a lavorare.
Per lavorare in proprio non occorre solamente un’ottima capacità di organizzazione del tempo, ma bisogna anche essere in grado di promuovere al meglio se stessi e le proprie competenze, e di pensare in grande. Servono disciplina ed efficienza, ed è necessario saper masticare bene tutta la burocrazia e tutte le formalità che girano intorno alle libere professioni.
Cosa significa lavorare in proprio?
È molto importante fare chiarezza fin da subito su quali siano le differenze fra libero professionista e lavoratore autonomo. Con il Decreto Cura Italia, emanato nel pieno dell’emergenza legata al Covid-19, infatti, si è creata non poca confusione.
Apparentemente, non c’è alcuna differenza: si potrebbe pensare che i liberi professionisti non siano altro che lavoratori autonomi con una Partita IVA. Tuttavia, ci sono circostanze in cui risulta opportuno distinguere questi due ruoli.
Se ci affidiamo alla definizione che Treccani dà di “libero professionista”, ciò che si evince è che si tratta di un lavoratore iscritto a un albo o a un ordine di riferimento. Stiamo parlando, dunque, di professionisti con Partita IVA e facenti parte di una cassa previdenziale specifica. Per quanto riguarda i liberi professionisti, quindi, nella maggior parte dei casi è richiesta l’iscrizione a un albo per poter esercitare il lavoro: non è un obbligo per ogni ambito professionale, ma in quelli in cui lo è, la violazione può costituire un reato che comporta la perdita del diritto di retribuzione.
Concettualmente, insomma, qual è la differenza con il lavoratore autonomo? Quest’ultimo, di fatto, è dotato di Partita IVA e può essere anche commerciante o artigiano – lavorare, insomma, in un settore più manuale rispetto alle attività intellettuali svolte dai liberi professionisti.
Si tratta di una distinzione estremamente sottile, ma fondamentale per la comprensione del citato Decreto Cura Italia. È la natura della prestazione, insomma, a tracciare la linea di confine.
È anche importante precisare, poi, che professioni ordinistiche, come quelle degli architetti o degli avvocati, possono venir esercitate anche da professionisti dipendenti (e, dunque, anche senza Partita IVA).
Ma che si tratti di attività manuali o intellettuali, cosa rende un professionista un lavoratore in proprio? Sicuramente l’indipendenza data dal non avere un datore di lavoro, ma anche la necessità di adempiere a precisi doveri (la formazione continua, in primis, con corsi di aggiornamento) e l’obbligo assicurativo (poiché ogni professione può portare con sé dei rischi). Inoltre, secondo la legge1, a rendere autonomi i lavoratori è il completamento di un servizio a fronte di un corrispettivo, senza vincoli di subordinazione nei confronti di chi ha commissionato l’opera.
Come funzionano le tasse per i liberi professionisti?
Quando si valuta se mettersi o meno in proprio, gran parte dei pensieri va al calcolo delle tasse che si devono pagare aprendo una Partita IVA. Serve un foglio bianco per fare una lista dei pro e dei contro. Ma occorre anche una calcolatrice, per farsi un’idea dell’effettivo guadagno da freelance. Ed è molto importante prendersi il tempo per pensare anche a questi numeri, mettendo per poco da parte la grande voglia di mettersi in gioco: bisogna capire se il gioco (o meglio, il lavoro) vale davvero la candela.
I regimi fiscali
Nella dichiarazione IVA è necessario menzionare una preferenza nel Quadro VO: è in questo modo che si aderisce a un regime fiscale, cioè il sistema in base al quale verranno poi calcolate le tasse.
Per quanto riguarda la Partita IVA, i regimi fiscali sono due:
- Regime ordinario, anche detto naturale. È indubbiamente il più utilizzato e si applica ai volumi d’affari superiori a €65.000;
- Regime forfettario, noto anche come agevolato. È pensato per i lavoratori che hanno appena iniziato la propria attività lavorativa, o che comunque non hanno un fatturato elevato.
In entrambi i casi il calcolo delle tasse non è semplice, tanto che la dichiarazione annuale dei redditi è sicuramente uno dei compiti meno amati dai lavoratori autonomi.
La dichiarazione dei redditi
Con l’introduzione, nel 2015, della Certificazione Unica2, viene comprovata la percezione di un reddito – sia da parte dei contribuenti dipendenti che di quelli autonomi. Il documento deve essere compilato da datori di lavoro, committenti ed enti pensionistici, e deve poi essere trasmesso all’Agenzia delle Entrate. Il lavoratore riceve solamente il modello sintetico di Certificazione Unica.
Le tasse da pagare
I lavoratori autonomi con regime ordinario devono pagare:
- IVA – l’imposta sul valore aggiunto. È pari al 22%;
- IRPEF – l’imposta sul reddito delle persone fisiche. È progressiva e diretta: colpisce solo i consumi e si calcola direttamente sul reddito (che deve essere dichiarato nel 730 oppure nel Modello Redditi delle Persone Fisiche). Inoltre, è scaglionata3 e le aliquote possono aumentare progressivamente;
- IRAP – l’imposta regionale sulle attività produttive. Si calcola sui compensi percepiti e calcolati come fatturato al netto dell’ammortamento dei beni (materiali o immateriali) e dei costi detraibili. In linea generale, l’aliquota è pari al 3,9% ma ciascuna Regione può diminuirla (anche fino all’azzeramento completo), oppure aumentarla fino a un massimo dello 0,92%.
I lavoratori autonomi con regime forfettario devono:
- Rispettare le soglie di fatturato previste per la propria categoria (per esempio, infermiere, ingegnere o commerciante);
- Pagare tasse solo su una parte dei guadagni (che cambia a seconda del codice ATECO4), e non sul loro valore complessivo.
Come funziona l’assicurazione per i lavoratori autonomi?
In Italia, l’ente che tutela i lavoratori è l’INAIL. L’istituto assicura i professionisti contro danni economici e fisici causati da infortuni legati a malattie professionali e all’attività lavorativa. Questo significa che il datore di lavoro non ha responsabilità civile nel caso in cui si verificassero eventi lesivi ai danni dei dipendenti (salvo eccezioni quali la violazione di norme di igiene e prevenzione, per esempio). Nel caso di malattia, poi, ai lavoratori dipendenti basta presentare un certificato medico per poter accedere all’indennità INPS.
Ma cosa succede ai lavoratori autonomi e, dunque, non dipendenti? Anche i liberi professionisti devono poter contare su tutele e indennità. Perché è vero che lavorare in proprio ed essere dunque padroni di sé stessi porta con sé grandi vantaggi, ma non mancano di certo i grattacapi. Basti pensare alla malattia e agli infortuni: in caso di sospensione del lavoro, chi ha una Partita IVA ha tutele automatiche pressoché nulle.
Ecco allora che non mancano i liberi professionisti che continuano a operare anche in caso di malessere. Se una semplice febbricola, però, si trasforma in una febbre alta e debilitante, non si può davvero continuare a lavorare.
I freelance con un reddito inferiore a €70.000 possono iscriversi alla Gestione Separata INPS: in questo modo, a partire dal quarto giorno di malattia5, è possibile ricevere fra €11 ed €22 al giorno. È una tutela piuttosto magra e non è prevista per artigiani né commercianti. È chiaro che non si tratta di una soluzione adeguata: ecco perché è consigliabile a tutti i lavoratori autonomi la stipulazione di una polizza ad hoc per coprire infortuni e malattia.
Secondo un’indagine condotta dalla CGIA di Mestre, nel settore privato i dipendenti accumulano, in media, oltre 18 giorni di malattia. Dati del genere influirebbero molto sul benessere economico dei lavoratori in proprio, pertanto si rivela essere previdente e utilissimo stipulare una polizza che garantisca coperture e tutele per, per esempio:
- Diaria da Ricovero e Gesso
- Rimborso Spese Mediche
- Inabilità Temporanea
- Rendita Vitalizia
- Invalidità Permanente
- Morte
Come funzionano queste polizze? Dietro versamento di un premio annuale, la compagnia assicurativa garantisce un indennizzo che è correlato alla gravità dell’infortunio e/o alla durata della degenza. Esistono diverse assicurazioni fra cui i liberi professionisti possono scegliere, di conseguenza è opportuno che ciascun freelance valuti attentamente e preventivamente quali potrebbero essere i rischi legati alla propria attività, affinché si opti poi per la soluzione più adeguata. Non bisogna certamente tralasciare nemmeno i rischi personali: è importante, per un freelance, tenere sempre a mente che i guadagni dipendono dall’effettivo completamento delle attività professionali.
Per prevenire ogni possibile rischio, esistono diverse tipologie di assicurazioni, che possono essere raggruppate entro due macro-famiglie:
Assicurazioni personali
- Assicurazione infortuni
- Assicurazione sulla vita
- Assicurazione sulla salute
Assicurazioni professionali
- Assicurazione R.C.6 terzi professionale
- Tutela legale
Troppo spesso i freelance sottovalutano l’importanza di queste assicurazioni: alcune, nella fattispecie, sono irrinunciabili. L’aspetto più importante è capire in maniera chiara quali siano le proprie necessità, per scegliere la polizza giusta.
Come diventare un lavoratore in proprio step by step?
Spese e adempimenti possono spaventare, ma se si ha ben chiaro in mente il procedimento da seguire per diventare un lavoratore autonomo, l’entusiasmo di essere il capo di sé stessi caccerà via ben presto ogni timore. Quali sono, dunque, gli step da seguire?
1. Aprire la Partita IVA. È sicuramente uno dei primissimi adempimenti. I liberi professionisti devono presentare all’Agenzia delle Entrate il modello di richiesta di attribuzione. Nel caso, invece, in cui si voglia avviare un’attività d’impresa7, diventa necessario presentare il modello alla Camera di Commercio. Per quanto riguarda le tempistiche per l’apertura della Partita IVA, la richiesta deve essere inoltrata entro 30 giorni dall’inizio del lavoro.
2. Rispettare gli adempimenti fiscali, che variano a seconda del regime fiscale e dell’attività svolta. Si tratta dell’emissione delle fatture, della compilazione di libri e registri, della comunicazione periodica ai fini IVA e dell’invio annuale sia della dichiarazione dei redditi, che di quella IVA.
3. Iscriversi alla Gestione Separata, che tutela i lavoratori autonomi che non godono di una cassa di previdenza. I liberi professionisti che sono iscritti a un ordine o a un albo, invece, devono iscriversi presso una gestione previdenziale (ne è un esempio la Cassa Forense per gli avvocati).
Oltre ai passaggi più strettamente burocratici, però, ecco anche qualche consiglio più generico ma altrettanto importante per diventare freelance:
1. Scegli un settore in cui c’è molta domanda, per evitare di iniziare un’attività che non ti renderà sufficienti guadagni;
2. Crea il tuo brand, per essere immediatamente riconoscibile e per definire in maniera chiara il tuo modus operandi;
3. Crea un portfolio da inviare a potenziali clienti, perché possano farsi un’idea delle tue capacità e del tipo di progetto in cui sei specializzato;
4. Chiedi aiuto a esperti di contabilità, dell’area legale e fiscale. Nessuno può conoscere ogni cosa, e per evitare multe e sanzioni è bene informarsi in anticipo e appoggiarsi a professionisti;
5. Fai attente considerazioni in merito a tasse, assicurazioni e pensione. Ricorda che i lavoratori autonomi non hanno le stesse garanzie automatiche dei dipendenti, pertanto è compito tuo informarti sulle tutele di cui hai bisogno, per coprire ogni rischio;
6. Crea diversi fac-simile dei vari documenti che dovrai fornire a clienti e istituzioni (contratti, per esempio, e fatture) per trovare con il tempo quello che meglio risponde alle tue esigenze;
7. Stabilisci quanto vuoi farti pagare. È qualcosa che devi aver in mente prima di cominciare: dai un valore al tuo lavoro senza che le opinioni altrui ti facciano scendere a compromessi;
8. Dai il via ai tuoi pitch: cerca lavoro, cerca clienti, porta sul mercato il meglio di te!
Lavorare in proprio fa per te?
Avere le idee chiare è fondamentale per iniziare al meglio la propria esperienza da freelance. E fare una lista dei pro e dei contro del lavoro in proprio può indubbiamente aiutare.
Pro
- Maggiore flessibilità in termini di orari, che permette di poter gestire meglio i propri impegni
- Sempre nuovi obiettivi all’orizzonte, senza cadere nella monotona routine della vita da ufficio
- Libertà di poter impostare il proprio percorso professionale come più si desidera
- Possibilità di ottenere guadagni elevati, grazie al passaparola e allargando il numero dei propri clienti
- Possibilità di trovare un migliore equilibrio fra la vita lavorativa e quella privata
Contro
- La stabilità lavorativa non è assicurata: non c’è un datore di lavoro che si impegna a pagare mensilmente lo stipendio e i contributi e gli oneri pensionistici necessari
- Non si può usufruire del TFR8 né di tredicesime o quattordicesime
- La solitudine, causata dalla mancanza di colleghi
- Costi di mantenimento della Partita IVA
- Possibile sovraccarico di lavoro, per bilanciare la difficile programmazione delle entrate
- Necessità di avere skill trasversali, imprescindibili per essere i capi di se stessi
Lavoro autonomo: FAQ
Qual è un esempio di lavoro autonomo?
Il musicista è un lavoratore in proprio che deve emettere fattura. Quest’artista produce un reddito da lavoro autonomo che contribuisce a creare la base imponibile ai fini IRPEF. Di conseguenza, il musicista deve comunicare l’inizio della propria attività, richiedere il rilascio della Partita IVA e scegliere il regime fiscale.
Chi devo avvisare se decido di iniziare a lavorare in proprio?
L’Agenzia delle Entrate, attraverso il processo di apertura della Partita IVA. La richiesta può essere inviata sia tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, sia dal portale web Fisconline e quindi per via telematica. Artigiani e commercianti, però, possono completare il procedimento solamente al computer, poiché devono completare il modello ComUnica.
Quante tasse devo pagare da lavoratore autonomo?
I freelance con regime ordinario devono pagare IVA (22%), IRPEF (con aliquote che variano in base agli scaglioni di reddito) e IRAP (generalmente 3,9%). Le tasse per i lavoratori autonomi con regime forfettario, invece, variano in base al codice ATECO, cioè il numero che contraddistingue la categoria professionale di appartenenza.
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2 Ha sostituito il modello CUD.
3 Gli scaglioni IRPEF sono così suddivisi:
- Da €0 a €15.000 con un’aliquota del 23%;
- D a €15.001 a €28.000 € con un’aliquota del 27%;
- Da €28.001 a €55.000 € con un’aliquota del 38%;
- Da €55.001 a €75.000 con un’aliquota del 41%;
- Oltre €75.000 €: con l’aliquota del 43%.
4 Si tratta del codice a sei cifre che distingue ogni attività professionale dall’altra.
5 Se il certificato di malattia viene inviato entro 48 ore.
7 Può trattarsi di una ditta, un ente o una società individuale.
8 Trattamento di Fine Rapporto, elargito al termine del contratto: si tratta di una somma di denaro accumulata nel corso dei mesi di lavoro.